PANCHINA VOLTERRANA O PIETRA SERENA

La pavimentazione di Volterra

Amata e bistrattata. Studiata da alcuni e incompresa da altri. Questa la situazione del “panchino”, pietra locale ed elemento basilare nell’architettura e nel carattere urbano stesso di Volterra. Colore e sapore antico e profondo della città, grazie alle sue caratteristiche organiche che la rendono unica, questa pietra rischia di essere soppiantata, per il costo inferiore, dalla più comune pietra di Firenzuola. “La scelta che è stata imposta in via Gramsci, dove è stata appunto utilizzata questa pietra per la pavimentazione – argomenta l’architetto Renzo Marrucci – costituisce un esempio di come Volterra vada spengendo il naturale senso cromatico emozionale che il panchino le dona”. Ci si può rendere conto di questo passeggiando per le antiche vie del centro. Il panchino non è una pietra come un’altra. Viene dalle viscere stesse della città. Qua e là affiorano conchiglie e depositi di concrezioni fossili, incarcerati dal tempo. Segni indelebili di una città nata dal mare. “Deve essere evitato di snaturare ciò che abbiamo il dovere di conservare” prosegue Marrucci nel suo accorato appello; la pietra serena di Firenzuola è estranea al contesto ambientale, anzi “con la luce di Volterra non ha nulla in comune, ne contraddice e spegne l’atmosfera”, spiega ancora l’architetto. Negli anni cinquanta e sessanta sono stati effettuati dei veri e propri scempi, rimuovendo le antiche bozze e asfaltando alcune vie del centro. Negli ultimi anni l’utilizzo della contestata pietra serena. Ma nel cuore della città, nonostante l’incuria e scelte discusse, come la lastricatura di via Gramsci e quella più recente di installare i dossi dissuasori nel centro storico, la panchina rimane. E’ sempre li, da secoli silenzioso testimone delle vicende della città. Ancor più bella durante le giornate di pioggia, che ne esaltano le sfumature di colore, caleidoscopio unico di umori e sensazioni.

Notevoli le impressioni dell’architetto Marrucci, cultore della materia. “Sono appena rientrato da Volterra e tutte le volte mi capita sempre di esercitarmi sugli stessi pensieri che ricorrono come un vero autentico tradimento fatto alla bellezza di questa antica realtà urbana… Per esempio quando cammino o passeggio… Gli occhi mi vanno spesso a terra, sulla pavimentazione storica di Volterra, su quel bellissimo materiale che è la panchina gialla, tendente al rosa con venature di scuro bleu nella uniforme varietà di sfumature e alle conchiglie rimaste intrappolate dal tempo…Una pavimentazione che non è stata tutelata, né saputa tutelare dai vari funzionari della soprintendenza che si sono succeduti e che hanno approvato e permesso lo scempio grave dell’uso della pietra serena di Firenzuola. Una pietra che nulla ha in comune ma che contraddice e spenge l’atmosfera volterrana rivoltandola di quel grigio funereo che… Con la luce di Volterra non ha nulla in comune e semmai prelude alla morte e che bisogna combattere culturalmente e civilmente, fermarne l’uso… Chiedere tutela a chi deve darla per dovere e non per sufficienza di interesse. Ogni volta sento il tono ed il grigiore spento della scelta perpetrata da architetti insensibili o quanto meno ostili… Ma chi ha il dovere di proteggere una qualità che non deve scomparire? La pietra a Volterra non è soltanto materiale… è un colore è un umore della terra che si è solidificato nella vita antica e moderna, che gioca nell’aria atmosferica del colle volterrano e tocca all’intelligenza e alla coscienza dell’uomo curare e mantenere in vita…”

Marco Buselli