Infuria la polemica sul piatto etrusco rotto al museo Guarnacci. Inizialmente le dichiarazioni del direttore Alessandro Furiesi avrebbero addossato indirettamente la responsabilità dell’accaduto sui dipendenti. L’antico piatto, il cui valore era testimoniato anche da un’iscrizione etrusca posta nel centro, sarebbe invece caduto dalla teca di vetro dove era esposto a seguito delle forti vibrazioni causate dalla caduta accidentale di un apparecchio elettronico, sostenuto da un tecnico di Volterrateatro. Questo quello che emerge dalla puntigliosa replica di Umberto Bavoni e Marzia Bello, in servizio quel giorno al museo. A far chiarezza interviene ora la Sovrintendenza Archeologica, nella figura della Dottoressa Annamaria Esposito. “Il personale di custodia risulta essere completamente estraneo ai fatti in questione” precisa la Dottoressa in una nota del 28 luglio inviata agli organi competenti. La comunicazione è una “doverosa precisazione” che, oltre a scagionare gli operatori, mette in rilievo la loro competenza e dedizione, che permette di mantenere aperto il museo ben undici ore al giorno. Uno scritto, quello della Dottoressa Esposito, che sconfesserebbe completamente la versione iniziale, peraltro poi ritrattata, del dirigente comunale. Per il quale i fatti sarebbero invece avvenuti durante routinarie operazioni interne al museo. Un’accusa grave, che se non contestata, poteva costare cara. Centocinquanta - duecentomila € sarebbe a grandi linee il valore assicurativo dell’opera, per cui la Soprintendenza si varrà per il risarcimento in sede civile. Ma un’attenta lettura delle dichiarazioni e le testimonianze dei presenti avrebbero portato la Dottoressa Esposito ad affermare con chiarezza che la dichiarazione iniziale del Furiesi “non corrisponde alla reale dinamica dell’incidente”. Il piatto intanto, in attesa di essere restaurato, pare non versare in buone condizioni. Cinque i frammenti più grandi. Ma numerose sono anche le schegge, di cui alcune non più recuperabili. Il reperto non sarà quindi ricomponibile al cento per cento. Da un primo esame sembrerebbero evidenti “le lacune non integrabili”. Per il futuro la Dottoressa Esposito auspica che chi abbia accesso al museo per altri motivi esibisca regolare permesso rilasciato dalle autorità competenti. Maggior controllo, quindi, ma il problema di fondo sussiste. Un museo “vecchio” il Guarnacci, come recentemente denunciato dal Tirreno, con una serie di problematiche strutturali e di gestione. Un patrimonio di immenso valore, con criteri di esposizione e modalità di fruizione ormai datate. Mentre altri musei puntano su tecnologie multimediali o su nuove acquisizioni di reperti al Guarnacci tutto è fermo da anni. Da tempo si cercano nuove soluzioni. Le ipotesi vanno dal riuso degli stessi ambienti cambiandone la filosofia di fruizione al cambio di location, ritenuta ormai poco funzionale. In lizza l’ex Conservatorio di San Pietro e secondo altri la Fortezza. Nel frattempo al museo etrusco calano costantemente le presenze, scese da 100.000 a 75.000 visitatori all’anno. Scelta vincente sembra essere stata altrove la gestione centralizzata dell’intero sistema museale di un territorio. Soluzione già attuata dai comuni della vicina Val di Cornia, con risultati molto positivi dal punto di vista della promozione e dell’ottimizzazione delle risorse. L’idea di un sistema museale integrato è stata lanciata di recente anche dall’On. Costantino Belluscio, il cui padre era Commissario delle Saline di Volterra, per rilanciare la valorizzazione dell’archeologia industriale nel territorio del volterrano.