CON LA PANCIA PIENA...

“Quando un uccello impara a ingozzarsi a sufficienza senza essere costretto a usare le ali, rinuncia al privilegio del volo e se ne resta a terra, in eterno. Date all’uomo pane abbondante e regolare tre volte al giorno e in parecchi casi egli sarà contentissimo di vivere di pane solo o almeno di solo pane e circensi.”
Aldous Huxley (Ritorno al mondo nuovo)

IL TRENO DI VOLTERRA


“Ed anche la ferrovia aveva, e forse ha ancora, i propri riti. Per chi abbia vissuto fuori di quel mondo, tutto sommato difeso più che isolato dal candore delle sue staccionate in cemento, è difficile capire il pathos di certe situazioni. Volterra e i suoi impianti non potevano sottrarsi alla suggestione dei propri rituali, anche perché la linea che da Saline saliva fin sotto il Mastio della vecchia Matilde, per l’acclività che la distingueva e per la tratta dentata che ne costituiva il vanto, era caratterizzata fondamentalmente da due tipiche cerimonie regolamentari: la prova dei freni delle macchine, e la visita periodica al binario, da eseguire, a piedi, a cura di un ispettore almeno di grado sesto. Su una linea che scende (o sale a seconda dei punti di vista) a rotta di collo, come quella, era piuttosto essenziale esser sicuri che le locomotive frenassero in modo efficace: i loro cinque distinti tipi di freno dovevano pertanto essere provati uno alla volta ogni sei mesi, a cura dei soliti ispettori di zona. La prova consisteva nel lasciar scendere il treno lungo la tratta più acclive della linea, e, una volta che aveva raggiunto la bella velocità di 12 km /h, serrare al massimo uno dei freni, misurando, con mezzi adatti allo scopo, lo spazio nel quale il convoglio si fermava confrontandolo poi coi sacri vangeli costituiti da tabelle risalenti ad esperienze immemorabili” (Ferrovia locale – Enrico Mostardi). Queste pagine ci riportano indietro nel tempo, in un “mondo trasognato e residuo” che non esiste più. Ma del passato bisogna avere coscienza. Ci dice chi siamo e dove stiamo andando. Ci immunizza dal futuro piatto e omologato che ci aspetta. Ci impone riflessioni continue sulle scelte che facciamo. Questo è uno dei motivi per cui è bello ripercorrere la nostra storia. SOS Volterra ha pensato di farlo attraverso una mostra fotografica sul treno che si svolgerà dal 15 al 23 novembre prossimo, ma anche effettuando la pulizia e il recupero della stazione di Saline, che versava nel degrado totale.

Marco Buselli

Perché alcuni luoghi sono città e altri no


Nell’accezione comune per città si intende “un insediamento umano esteso e stabile, un'area urbana che si differenzia da un paese o un villaggio per dimensione, importanza, densità di popolazione o stato legale”. Il termine italiano città deriva dall'analogo latino civitas, e deriva dalla stessa etimologia di civiltà. In Italia, il termine città è assegnato ad un comune con un decreto del Presidente della Repubblica. Un'unica definizione generale di città, nel mondo, non esiste. Il termine può essere usato per un aggregato urbano la cui popolazione è superiore ad un dato limite o per una località dominante su altre nella stessa area in termini economici, politici o culturali. Nel Regno Unito ad esempio, una city è un comune che è noto come città da "tempo immemore", o che ha ricevuto lo status di città tramite statuto reale, che viene normalmente concesso in base alle dimensioni, all'importanza o a connessioni con la monarchia. Indicatori tradizionali sono la presenza di una cattedrale o di una università. Un sistema simile esisteva nei Paesi Bassi del medioevo, dove un signore concedeva a degli insediamenti diritti cittadini che altri invece non possedevano. Questi comprendevano il diritto di innalzare fortificazioni, tenere mercati o darsi una corte di giustizia. La città aveva le sue prerogative e i suoi vantaggi. Una delle fonti di nobiltà in Toscana era quella di aver avuto accesso ad una carica della suprema magistratura in una “città nobile”. Fin dal lontano 1561 Volterra era considerata“patria nobile” insieme ad altre poche città toscane. Con la legge del 1750 le “città nobili” divennero 14, ma con la stessa legge la nomina dei “nobili patrizi” era consentita solo a quelli provenienti dalle sette città nobili: Firenze, Siena, Pisa, Arezzo, Volterra, Pistoia e Cortona, rimanendo per le altre la “nobiltà semplice”. Di cui dovettero accontentarsi i ricchi ed emergenti pratesi. Il fattore demografico non è mai vincolo esclusivo per definire una città. Alcune città sedi di Cattedrale, ad esempio St. David's nel Galles, sono piccole dal punto di vista demografico. Un fenomeno interessante è quello statunitense, nel quale il termine "città" viene applicato in generale a tutti gli insediamenti. La stessa prassi di attribuire il titolo di città anche ad insediamenti piuttosto piccoli è giustificata in maniera generale da alcuni filoni di pensiero dell'urbanistica e della sociologia urbana secondo cui il titolo di città è subordinato non alle dimensioni dell'abitato o al numero di abitanti, bensì al manifestarsi di un'esigenza o di un'opportunità di vita sociale comune, e di conseguenza al costituirsi di una comunità socialmente coesa. Fino a qualche secolo fa la maggior parte delle città erano di gran lunga più piccole, tanto che nel 1500 solo due dozzine di località nel mondo ospitavano più di 100.000 abitanti: ancora nel 1700 ce n'erano meno di cinquanta. Non è chiaro perché un luogo venga definito città mentre un altro no. Una nuova percezione della città tributa una maggiore attenzione alle connessioni del sistema-città e alle sue divisioni interne. Un aspetto decisivo del pensiero spaziale riguarda le connessioni della città. Ciò permette di spiegare il carattere unico di un determinato luogo. Le città vengono viste in interconnessione con una rete culturale, storica, economica o commerciale. Quindi, mentre Londra e Tokyo sono collegate da un punto di vista economico con la borsa, Stoccolma e Graz lo sono attraverso il legame culturale di Capitale Europea della Cultura. Queste reti si sovrappongono e si concentrano nelle città. Presumibilmente tale concentrazione di reti crea un legame unico in un luogo. Le suddette reti, comunque, non collegano solo le città fra di loro, ma anche con i loro dintorni. La nozione di "impronta cittadina" riflette l'idea che la città da sola non sia sostenibile: dipende dalle relazioni coi dintorni, necessita di collegamenti commerciali e connessioni per la viabilità. Osservando le reti diviene possibile spiegare l'ascesa e la caduta delle città. Questo ha a che fare con l'importanza delle connessioni, e può essere ben illustrato con l'arrivo dei colonizzatori spagnoli nelle Americhe. In breve tempo le connessioni con Madrid divennero più importanti di quelle con l'antica capitale Tenochtitlán. La concentrazione delle reti nelle città può essere usata come spiegazione per l'urbanizzazione. È l'accesso a determinate reti che attrae le persone. Così come varie reti si uniscono spazialmente in un'area delimitata, la popolazione si riunisce nelle città. Allo stesso tempo questa concentrazione di persone implica l'introduzione di nuove reti, come i collegamenti sociali, ed aumenta la creazione di nuove possibilità all'interno delle città. È l'apertura verso nuove connessioni a rendere le città vitali e capaci di attrarre. E il contrario fa si che un luogo emani disagio, alienazione. Ma alla fine a fare una città comunque non sono né i numeri della popolazione, né la potenza economica o commerciale, né la cultura. Come dice Calvino nelle Città invisibili: “Le città credono di essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altra bastano a tener su le loro mura”.

Marco Buselli SOS Volterra

LE IDEE NON MUOIONO MAI

Ho fatto del mio meglio. Ho lottato, e molto: credetti di poter ma alle membra venne negata la forza d’animo e la sorta e la natura repressero lo studio e gli sforzi. E’ già qualcosa essersi cimentati già che vincere vedo è nelle mani del fato. Per quel che mi riguarda ho fatto il possibile, che nessuna delle generazioni venture mi negherà; quel che un vincitore poteva metterci di suo: non aver temuto la morte, non aver ceduto con fermo viso a nessun simile, aver preferito una morte animosa ad un imbelle vita.
Giordano Bruno

OLTRE

“Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte.”
Edgar Allan Poe

Cambio di mentalità



SOS Volterra. Perché SOS? Un segnale di allarme per le tante sofferenze che affliggono la città. Ma anche un richiamo forte alla coscienza civica. Qualcosa che non abbiamo mai seppellito del tutto pur se rischia di scomparire. La società di oggi non ci aiuta, le sue priorità sono altre. L’individualismo non permette di avvicinarsi alla “cosa pubblica” se non perchè si deve ottenere qualcosa. Per sé, naturalmente. Questa prospettiva naturalmente alla lunga ci impoverisce. E impoverisce di riflesso la nostra città. Che dovrebbe vivere anche delle nostre interazioni nella vita pubblica. Abbiamo delegato tutto ad altri invece, mentre noi pensiamo alle nostre cose. Le conseguenze sono per lo più evidenti. Spesso vengono fatte scelte che non ci piacciono, modificati i connotati storici della città, praticati interventi discutibili. Ma tutto questo passa sopra di noi, perché non siamo più in grado di soffermarsi sui particolari. Troppo occupati nel nostro piccolo mondo, spesso ci fugge la grandezza e il valore di ciò che abbiamo fra le mani. Volterra è un gioiello. Ed è di tutti. Non è dell’amministrazione o di tre o quattro istituzioni locali. Solo riappropriandoci di questa sensibilità potremo vedere con occhi diversi quello che ci circonda. Ci stupiranno i bandoni nel Teatro Romano, ci addolorerà Vicolo Mazzoni, ci farà orrore il semaforo in Piazza dei Priori. A quel punto, se poi guardiamo attentamente la torre del Maschio, “crederemo anche di intravedere il volto incavato del conte Felicini” (Volterra magica e misteriosa) che punta pensoso i suoi gomiti sul davanzale e la notte a Mandringa ci sembrerà di aver visto le streghe o sentito lo scalpiccio del cavallo di Neri Maltragi vicino alle Balze. E magari smetteremmo anche di piagnucolare che a Volterra non c’è nulla. “Volterra è viva e segreta, presente e lontana, fatta di pietre e respiri. Mi è parso di udire dei passi, delle voci, e dunque qualcosa di inafferrabile perduto nella città: un parlottio misterioso, un arcano trascorrere di forme: un paesaggio d’ombre”. (Jeorge Luis Borges)

Marco Buselli - SOS Volterra

Palcoscenico internazionale per Volterra



Oltre 150 esperti da tutto il mondo, recensioni su riviste specializzate, sponsor e partecipazioni di altissimo rilievo. Università, centri di ricerca, grandi case farmaceutiche, studiosi e specialisti del settore. “Alcoholism and stress: a framework for future treatment strategies”. Questo l’importante evento che si svolgerà a Volterra dal sei all’otto maggio prossimo. Nutrita la partnership a supporto dell’organizzazione. Università di Camerino, Governo americano, Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra e numerose aziende farmaceutiche finanzieranno interamente il convegno. Che si prospetta come una vera e propria “porta di accesso mondiale” per le possibili strategie future nell’ambito della ricerca e della cura dell’alcolismo. Australiani, belgi, canadesi, greci, cinesi, tedeschi, francesi, italiani, giapponesi, russi. Spagnoli, svizzeri, inglesi e americani. Insieme per presentare i risultati delle più recenti acquisizioni e confrontare percorsi di trattamento e cura.
Un’occasione da non perdere per la città. Che affronterà per tre giorni la ribalta internazionale. Senza timori reverenziali. Perché Volterra può accogliere e sostenere iniziative di questo tipo senza tremare. Le possibilità ci sono tutte. E il futuro della nostra città come luogo promettente per futuri congressi internazionali è ancora tutto da scrivere. Oltre al Centro Studi Santa Maria Maddalena e al SIAF, dove questa volta si svolgerà l’evento, come non pensare un domani ad una potenziale ristrutturazione della Badia Camaldolese e al consolidamento delle adiacenti Balze, per sviluppare una vocazione che a Volterra, città di storia e cultura, si attaglia perfettamente? Questo significa pensare in grande, certo, ma senza grandi sogni non si realizzano mai grandi risultati.
E grandi sogni ha inseguito la nostra Marisa Roberto, nata a Volterra. E’ a lei che dobbiamo questo evento a casa nostra. Da San Cipriano a San Diego, la felice epopea della nostra concittadina... Brillantemente laureatasi a Pisa in Biologia, Marisa brucia presto le tappe. Dopo il Dottorato di ricerca in Neuroscienze arriva l’incarico come Post-doctoral al The Scripps Research Institute a San Diego, California. Dal 2005 ha il ruolo di Assistant Professor nella Committee on the Neurobiology of Additive Disorders. Sempre nello stesso anno ha ottenuto il riconoscimento come miglior giovane ricercatrice (Young Investigator Award) dalla Società Americana di Alcologia. Ma non si è mai dimenticata di Volterra. E caparbiamente, superando le innumerevoli difficoltà poste dalla situazione, ha iniziato a pensare di organizzare un convegno di livello internazionale a Volterra.
Se lo avesse organizzato in America tutto sarebbe stato più facile. I finanziamenti addirittura doppi. Spesso si sarà sentita scoraggiata, non compresa, dimenticata. Creare qualcosa dal niente non è facile. Reperire sponsor, spiegare perché proprio Volterra… Ma chiedendo consiglio al suo responsabile nell’istituto di ricerca americano la risposta è stata: “Volterra, why not?” Così Marisa può oggi coronare un suo sogno ambito.
Grazie a tutti coloro, e la lista sarebbe lunga, che hanno contribuito e contribuiranno alla realizzazione di questa esperienza, che darà lustro e visibilità alla nostra città.
Chissà che un giorno, neanche troppo lontano, nello scenario aspro e selvaggio, dolce e temibile al tempo stesso, unico al mondo, della misteriosa e dimenticata Badia, Volterra possa rinnovellare la sua secolare tradizione di diffusione del sapere, cultura e progresso per i popoli.

Marco Buselli

Decentramento Catastale

Decentramento catastale nel caos... Volterra rischia!
Pontedera, Pisa e il Valdarno si sono attrezzati, Volterra no.
Stiamo parlando del trasferimento delle funzioni catastali ai comuni, effetto della finanziaria 2007. Le tre realtà citate hanno approfittato dell’occasione per costituire ciascuna un polo catastale di riferimento per il territorio circostante.
Altrimenti un provvedimento del genere, se non dovutamente imbrigliato, provocherà a breve gravi problemi per l’utenza e un aumento incontrollato della frammentazione organizzativa.
Ma sul Tirreno di qualche giorno fa troviamo la lista dei comuni che “avrebbero deciso di stare da soli nella gestione del catasto: Casale, Castellina, Castelnuovo Valdicecina, Guardistallo, Montecatini Valdicecina, Montescudaio, Monteverdi, Pomarance, Riparbella, Santa Luce, Palaia e Peccioli”.
A parte gli ultimi due o tre, gli altri sono i comuni del nostro comprensorio.
Perché Volterra non si costituisce polo catastale come hanno fatto gli altri?
E’ utile che si corra tutti in ordine sparso?
Negli ultimi mesi stiamo assistendo ad un fenomeno curioso.
La Comunità montana dell’Alta Valdicecina, dopo aver rischiato una chiusura senza appello, si sta svegliando dal torpore che la contraddistingue arrampicandosi sugli specchi nel tentativo di acquisire nuove competenze e spazi di visibilità.
Spesso con scivoloni penosi, come il neonato tributo sulla bonifica. Sembra che la Comunità montana stia premendo per ottenere la delega delle funzioni catastali per i comuni in oggetto.
Ma la sede dell’Agenzia del Territorio si trova a Volterra!
Si vuole forse operare un’assurda duplicazione dei ruoli, un aumento incontrollato della spesa pubblica, il trasferimento di personale qualificato, un depauperamento strutturale preludio a nuove chiusure?
Ad alimentare il caos la situazione generale determinata dal provvedimento.
Delle circa 4800 delibere comunali prese in esame dall’Agenzia del Territorio ben 2248 risultano prodotte fuori dai termini ed illegittime, 1383 esenti da vizi di forma ma con numerosi problemi di ordine tecnico procedurale, 883 hanno manifestato la loro volontà pur in presenza di bacino di riferimento esiguo. Solo 286 delibere affidano all’Agenzia nel suo complesso tutte le funzioni catastali.
In questo contesto generale assai frammentato e confuso, tutto è ancora possibile.
Quello che sarebbe assurdo, ma non per questo come tale scongiurabile, è il dissolvimento dell’istituzione “catasto” a Volterra, erede di una tradizione secolare e consolidata.
Enti in difficoltà non possono restare a galla fagocitando funzioni che “storicamente” e funzionalmente non appartengono loro; sarebbe molto meglio per tutti se eccellessero nelle proprie competenze specifiche, cosa che non sempre è scontata.
Volterra deve diventare in tempi brevi, come hanno fatto il Valdarno, Pontedera e Pisa, polo catastale di riferimento per tutta l’area territoriale di competenza.
Marco Buselli

Manifesto!

Sabato 21 aprile 2007. Forse un giorno come tanti.
Facciamo sì che sia un giorno da ricordare.
Ci sarà una grande manifestazione a Volterra contro le politiche di smantellamento dei servizi sanitari nella nostra città. Abbiamo la possibilità, forse l’unica, a parte le elezioni, di far sentire veramente la nostra voce. Farla sentire al palazzo, che tremino i vetri delle stanze del potere, che qualcuno finalmente si affacci da quelle finestre…
Oggi si tratta dell’ospedale, domani vorranno tagliare qualcos’altro, ammesso che ci sia rimasto ancora qualcosa da tagliare. Ci diranno ancora una volta che è necessario, che i sacrifici li dobbiamo fare tutti, che qualcuno comunque sta lavorando per il nostro bene.
Intanto la gente scappa da Volterra, stiamo diventando un paese e neanche ce ne rendiamo conto.
Comprarsi casa costa troppo. Non sono state create negli anni attività produttive che possano dare posti di lavoro ai giovani. Strade da terzo mondo. L’alabastro è alla frutta “colorata”… Ora vogliono toccare anche l’ospedale; con le scuole siamo già un pezzo avanti. Stanno facendo a pezzi anche il nostro territorio coi regali a qualche multinazionale…
Ma alcuni stanno bene e a loro non importa niente. Continuano a coltivare imperterriti il proprio orticello. Fino a quando potrà durare? E’ come se lo coltivassero sull’orlo delle Balze, probabilmente non durerà…
Mi rivolgo principalmente a loro, a tutti quelli che non si sono mai guardati attorno attentamente e non si sono mai preoccupati della “politica”, magari perché pensavano che fosse solo una cosa sporca. Pensare al presente e al futuro della nostra città, a partire dalle piccole cose di tutti i giorni, è “politica”.
Non la deleghiamo ad occhi chiusi ad altri. Controlliamo il loro operato. Facciamoci sentire. Fino a che diremo “Tanto non cambia niente” faremo semplicemente il gioco di chi non vuole che cambi mai niente…
Marco Buselli

La morte degli ideali

Quando nella vita impallidisce ogni ideale, ogni lotta diventa per lo meno inutile, massimamente allora che, cadute tutte le illusioni, si affaccia innanzi in tutta la sua tristezza, la realtà delle cose. Gennaio 1910 (Ospedale Psichiatrico. Volterra)

Quanta intensità in queste poche parole..
Intensità che affonda le radici nel dolore di una condizione di deriva sociale e di marginalizzazione estrema.
Questa frase è nella lettera di un “matto”. Corrispondenza che veniva puntualmente censurata, le lettere non venivano spedite e le persone “sepolte vive” con il loro dolore e la loro solitudine interiore. “Corrispondenza negata - Epistolario dalla nave dei folli” è la raccolta dolorosa delle testimonianze condensata in un libro bellissimo e commovente, appartenente alla nostra biblioteca.
Solo la folle lucidità di un visionario può partorire la greve consapevolezza espressa nel cuore di questa frase.
Probabilmente, come diceva qualcuno, i veri pazzi stanno fuori dal cancello…
Marco Buselli

Modello Volterra

Volterra è una città che ha resistito nei secoli.
Arrivando ad oggi come una perla nel cuore della Toscana. Ma questo è percepito dai più? E’una fortuna vivere a Volterra, o soltanto una scomoda penalizzazione?
Alcune logiche politiche, tese a tagliare servizi essenziali e ridurre le opportunità, fanno sempre più optare per la seconda ipotesi. Anche il quadro generale di riferimento è cambiato.
Se prima una città doveva avere mura, porte, torri, chiese, oggi le esigenze sono altre. Coniugare uno sviluppo sostenibile con la storia e la cultura della città, diventa priorità assoluta. Altrimenti è la morte.
La città inizia a morire nella testa dei suoi abitanti, prima ancora che nel tessuto urbano.
Se applichiamo il metro odierno, quello freddo dei soli numeri, alle istituzioni e ai servizi presenti a Volterra (scuole, ospedale, uffici) in molti casi saremmo perdenti. Siamo pochi, quasi una colpa che ci sentiamo sulle spalle… Ma se pensiamo a cosa eravamo in passato e a cosa può essere Volterra se sfrutta al meglio le sue potenzialità, le nostre idee iniziano a cambiare. Non ci sentiamo più così tanto piccoli e insignificanti. E aumenta l’insoddisfazione per essere stati ridotti così. La vicina San Gimignano non è mai stata “città” come Volterra.
Non ha mai avuto un tribunale, un ospedale vero e proprio, una circoscrizione elettorale.. Oggi è famosissima, ma morta. A quasi esclusivo uso e consumo di turisti. Ci stiamo avviando su quella pericolosa china. Diventeremo un gran bazar, dove si può comprare una quantità di cianfrusaglie inutili. Ma un posto dove diventa difficile vivere. Perché a divertirsi si deve andare altrove, a lavorare altrove, a studiare altrove, a curarsi altrove. Ma se Volterra si riappropria della sua identità millenaria di città, prima di tutto nella testa della sua gente, speranze ci sono.
Volterra ha le potenzialità, per essersi conservata meglio di altre città, di fare modello a se stessa. Si deve poter vivere orgogliosi di abitare in questa terra, sviluppando i pregi della nostra condizione e pianificando lo sviluppo che sostenga l’incremento demografico e il rafforzamento di servizi e istituzioni. Lo sviluppo incontrollato e caotico ha distrutto la vivibilità di pur bellissime città, come Firenze. Altre invece sono infine diventate paesi, veri e propri paradisi del turista “mordi e fuggi”. Ma lo stesso visitatore, se attento e maturo, vuol vedere una città che vive di vita propria, non dell’immagine stampigliata sui souvenir.
Siena e Lucca sono due città che sommate superano di poco i centomila abitanti, ma sono riuscite a produrre di sé un’immagine forte, unitaria, coerente. Due città a misura d’uomo, dove lo sviluppo non ha soffocato i contenuti ma ha contribuito in più occasioni a valorizzarli.
Un modello “Volterra” non può che partire dalla coscienza di ciò che rappresenta Volterra, per sé e per il territorio di riferimento. Noi rischiamo oggi di non progettare lo sviluppo, perdere tutte le prerogative che abbiamo e, paradosso estremo, non riuscire a garantire neanche il mantenimento dei valori storici, culturali e paesaggistici che ci connotano.
Nuove costruzioni di dubbio gusto, torri e pievi che crollano, il fiume Cecina martoriato e prosciugato, antichità volterrane disperse per il mondo, solo alcuni degli esempi.
Marco Buselli

Il distaccamento della Polizia Stradale

In questi giorni si rincorrono insistentemente voci sull’ennesimo taglio di servizi a Volterra. Sembra un accanimento senza tregua verso un territorio già martoriato per svariati altri motivi. Stavolta si tratta del Distaccamento di Polizia stradale.
L’altra settimana abbiamo esposto una sintesi della vicenda, di cui ricordiamo i tratti salienti. La struttura adibita ad ospitare la nuova sede del Distaccamento della Stradale di Volterra è pronta in attesa di essere resa definitivamente operativa. Non è vero che ci vorrebbero molti soldi. La vecchia sede crea problemi di agibilità e sicurezza e deve essere abbandonata. Constatando l’inagibilità della vecchia struttura e la difficoltà a reperire risorse aggiuntive per la nuova, l’Interregionale, dipartimento di Polizia per l’Italia centrale, ha proposto al Ministero dell’Interno la chiusura del Distaccamento di Volterra. I dipendenti sarebbero ricollocati negli uffici più vicini o trasferiti nelle sedi limitrofe.
Nel silenzio generale rischia così di compiersi un errore strategico madornale e pericoloso. Come per altri argomenti ci chiediamo: viene fatto qualcosa? C’è la volontà di svuotare totalmente delle funzioni di una città Volterra, da sempre punto di riferimento essenziale per un territorio vastissimo e complesso?
Nella provincia di Pisa abbiamo una Sezione di Polizia stradale a Pisa ed un solo Distaccamento, dislocato a Volterra. La soppressione del distaccamento di Volterra comporterebbe un vuoto incolmabile nel controllo e nella gestione del territorio. E questo è l’errore più grande. Proprio la posizione di Volterra le permette di avere un raggio d’azione ampio e strategico che Pontedera o Poggibonsi, troppo vicine alla Sezione provinciale di riferimento, non potrebbero avere. Non a caso il Distaccamento era stato istituito a Volterra e non a Pontedera, che dista un quarto d’ora da Pisa. Con la soppressione del Distaccamento di Volterra una vastissima zona della provincia, ma non solo di questa, rimarrebbe scoperta. Senza contare che la Stradale di Volterra, proprio per la sua posizione, sviluppa capacità operative molto ampie, che insistono su più province limitrofe.
Il paradosso è che la provincia di Pisa diverrebbe, nonostante la sua vastità, una delle pochissime province italiane ad avere un unico servizio di Polizia stradale nel solo capoluogo. Vista la conformazione della provincia stessa un’ipotesi di chiusura di Volterra diviene perfino imbarazzante.
Nella vicina provincia di Livorno, speculare alla nostra come conformazione geografica, anche se molto meno ampia, abbiamo una sezione a Livorno, una sottosezione a Rosignano Marittimo, distaccamenti a Cecina, Portoferraio e Venturina. Come è possibile pensare di avere solo una Sezione in provincia di Pisa?
Infine lo sviluppo già programmato della rete viaria da Cecina a Saline di Volterra, e da Saline di Volterra in direzione Pontedera, porterà un’indiscutibile aumento del traffico di merci e persone dall’interno verso la costa e viceversa, giustificando ulteriormente la presenza di un punto di riferimento importante, quale il Distaccamento della Stradale di Volterra.
Una vastissima area compresa tra Massa Marittima, Siena, Cecina, Empoli e Pisa (come si vede dalla cartina) sarebbe pericolosamente priva di un servizio essenziale.

APPELLO AI CITTADINI

La Pro Volterra ha aderito e si è resa disponibile ad ospitare una raccolta firme nella propria sede per il mantenimento del Distaccamento di Polizia stradale a Volterra. Ogni vostra firma sarà un NO deciso ad un altro sopruso…
M. Buselli P. Moschi – SOS Volterra

Ti regalerò una rosa

Ti regalerò una rosa è il brano che ha presentato al Festival di Sanremo il cantautore romano Simone Cristicchi. Il testo è struggente e porta a riflettere: parla dei "matti", recitando una lettera d'amore scritta dal manicomio, che evoca il dolore di un uomo privato della propria dignità. Forse spingerà ad illuminare una zona d'ombra del nostro vivere civile recente. Perché Cristicchi canta una storia vera. Sul palco di plastica di Sanremo.
L’episodio si rifà alle lettere che i ricoverati reclusi inviavano ai loro parenti dalla struttura manicomiale di Volterra, e in particolare di un paziente abbandonato a se stesso per più di 40 anni. Corrispondenza che veniva puntualmente censurata, le lettere non venivano spedite e le persone erano “sepolte vive” con il loro dolore e la loro solitudine interiore. “Corrispondenza negata - Epistolario dalla nave dei folli” è la raccolta dolorosa delle testimonianze condensata in un libro bellissimo e commovente, conservato nella nostra biblioteca comunale.
Anche in questo caso come in altri è importante non dimenticare e capire quello che è successo affinché non si ripeta mai più in futuro; per questo sarebbe bello poter raccogliere testimonianze, ricordi, e tutto ciò che ha rappresentato, nel bene e nel male, l’istituzione “manicomio” a Volterra, creando un “luogo della memoria” , un vero museo della psichiatria, magari tra quegli stabili abbandonati dove si è consumata un’epoca. Spero che la vendita di Poggio alle Croci non comporti ad esempio la distruzione dei fantastici graffiti di Oreste Nannetti, ma che quel luogo simbolo possa divenire una pagina viva nel cuore della nostra città.

Marco Buselli

Di seguito il testo della canzone di Cristicchi:

Ti regalerò una rosa.
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

Mi chiamo Antonio e sono matto
Sono nato nel ’54 e vivo qui da quando ero bambino
Credevo di parlare col demonio
Così mi hanno chiuso quarant’anni dentro a un manicomio
Ti scrivo questa lettera perché non so parlare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E mi stupisco se provo ancora un’emozione
Ma la colpa è della mano che non smette di tremare

Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L’accordo dissonante di un’orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perché ho paura
Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura

Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

I matti sono punti di domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole
Mi fabbrico la neve col polistirolo
La mia patologia è che son rimasto solo
Ora prendete un telescopio… misurate le distanze
E guardate tra me e voi… chi è più pericoloso?

Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto
Ritagliando un angolo che fosse solo il nostro
Ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi
Non come le cartelle cliniche stipate negli archivi
Dei miei ricordi sarai l’ultimo a sfumare
Eri come un angelo legato ad un termosifone
Nonostante tutto io ti aspetto ancora
E se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora

Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare

Ogni piccolo dolore
Mi chiamo Antonio e sto sul tetto
Cara Margherita son vent’anni che ti aspetto
I matti siamo noi quando nessuno ci capisce
Quando pure il tuo migliore amico ti tradisce
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E ti stupisci che io provi ancora un’emozione?
Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare

Ti regalerò una Rosa - Video



Ed ecco qui il video originale di Cristicchi.....

Polizia Stradale - Ancora in piazza

Ancora una volta in piazza… Stavolta è stato per la Stradale. Non ancora spenti gli echi della grandissima manifestazione svoltasi in difesa dell’ospedale cittadino, sabato lungo la città si è dipanato un corteo di protesta contro la chiusura del presidio di Polizia stradale di Volterra. Una mobilitazione riuscita, considerando i tempi risicati e le difficoltà organizzative. Avremmo però voluto vedere il sindaco in testa al corteo. E bandiere di tutti i colori… Altri sette posti di lavoro rischiano di lasciare per sempre la nostra città, per non considerare l’importanza di un servizio che, venendo a mancare, creerà un vuoto operativo nel raggio di 45 chilometri da Volterra. Ma qualcuno preferisce continuare a discettare sui “massimi sistemi” o difendere posizioni di potere acquisite, mentre quel che resta della città si sta sfaldando pezzo dopo pezzo.
Ma per noi non finisce qua: terremo gli occhi ben aperti per vedere cosa succederà alla nuova sede della stradale e informeremo la città. Il silenzio non cadrà anche su questa cosa…

Marco Buselli SOS Volterra

Le Streghe a Mandringa

Se fu facile per San Barbato abbattere il secolare Noce di Benevento e disperdere cosi le migliaia di streghe che vi si davano convegno, le difficoltà che avrebbe incontrato a Volterra sarebbero state tanto sovrumane da fargli perdere la speranza di poter sfrattare da Mandringa le malefiche allieve di Satana che schiamazzando vi si radunavano la notte del sabato.
Un conto fu tagliare l’albero, per quanto maestoso, e costruire sulle sue radici una chiesa;
un altro conto invece sarebbe stato distruggere quell’enorme masso che si staglia possente verso il cielo, sulla strada di Badia, avvolto nell’edera, nei rovi e nella madreselva.
Ai suoi piedi, sotto l’arco duecentesco, sgorga da sempre un’acqua limpida e pura, ritenuta in ogni tempo la migliore della città:
“ Chi sciacqua le lenzuola / alla Docciola, - ricordava il D’Annunzio nel Forse che si forse che no – convien che l’acqua attinga / alla Mandringa.
Attorno al masso, di giorno, ero tutto un vai e vieni di donne e di ragazzi, un continuo ciarlare spensierato che accompagnava la lunga teoria di brocche e di mezzine di rame assetate di quell’acqua fresca e gorgogliante.
Ma di notte, il sabato notte, poco prima che l’orologio di Piazza scandisse la fine di un altro giorno, un fruscio lento e rabbrividente penetrava l’aria gia greve e pregna di zolfo, seguito da un brusio che, sempre più marcato ed intenso, faceva da macabro preludio alla vorticosa danza delle streghe.
Le donne e i ragazzi ascoltavano terrorizzati nel dormiveglia le voci stridule e sghignazzanti delle streghe e, quando il lugubre stridio della civetta e il lamentoso miagolio dei gatti annunciavano l’arrivo di altre entità malvagie, neppure gli uomini avevano il coraggio di uscire di casa.
Sull’orlo delle Balze, un’altra notte di tregenda si stava consumando in onore del Principe delle Tenebre, ai piedi delle antiche mura, fra il sacro tempio dei Patroni e il diruto cenobio dei Camaldolesi. "

( tratto da “ Volterra magica e misteriosa “ di Franco Porretti, prefazione di Enzo Biagi – Pacini Editore, pagg 285/286 )

Come riuscire a distruggere e banalizzare la poesia di un luogo così suggestivo?
L’acqua, ricordata come la migliore di Volterra dai tempi dei tempi, risulta pressoché inutilizzabile, nessuna targa indica le caratteristiche del luogo ne invita a soffermarvisi, un guardrail a fascia doppia posto in prossimità della fonte ne limita pesantemente la visuale ed il capolavoro si completa con un gigantesco cartello pubblicitario che si staglia dinanzi all’arco duecentesco.
Quando poi a primavera le erbacce infestano l’intera area della fonte per tempi generalmente biblici, non resta che chiudere gli occhi ed attingere alle sensazioni evocate dal fantastico libro del compianto concittadino Franco Porretti.

Marco Buselli

Sogno

Sogno…
Perché sognare ti permette di costruire un futuro migliore.
Sogno che la nostra città possa tornare ad essere degna del nome che porta e del passato che la rende ovunque famosa.
Sogno Volterra città universitaria, Volterra con il treno a cremagliera, Volterra punto di riferimento culturale, artistico, economico, per un territorio da lei geneticamente inscindibile… una Volterra che non abdichi al ruolo che la storia scrisse per lei, che riscopra le proprie radici e riesca da queste a trarre linfa per il futuro.
Volterra città viva, la “Volterra delle notti bianche”, piena di giovani e vitalità, carica di iniziative e occasioni di incontro in tutti i mesi dell’anno. Non più solo d’estate…
Non mi piace vedere una città che diventa “paese”.
Ignorata dai potenti, razziata di servizi e opportunità, crogiuolo di interessi personali…
Ma questa è poi la storia dei nostri giorni. Storia di lotte per mantenere l’indispensabile, storia di degrado, indifferenza e colpevole disimpegno.
A tutti coloro che non si impegnano e non prendono mai posizione, sia che si parli dell’ospedale o di politica internazionale, che si lamentano all’occorrenza, non fanno niente per cambiare e coltivano solo l’interesse personale, le bellissime e sempre attuali parole di Gramsci…

“Odio gli indifferenti,
perché mi dà noia il loro piagnisteo
di eterni innocenti.
Domando conto ad ognuno di essi
come ha svolto il compito
che la vita gli ha posto
e gli pone quotidianamente,
di ciò che ha fatto
e specialmente di ciò che non ha fatto.
E sento di poter essere inesorabile,
di non dover sprecare la mia pietà,
di non dover spartire con loro le mie lacrime…
Vivo. Sono partigiano.
Perciò odio chi non parteggia,
odio gli indifferenti”.

Antonio Gramsci (Scritti giovanili)

Volterrani "liberi di non scegliere"

Ho sempre pensato che in politica la sinistra si differenziasse dalle destre essenzialmente per la difesa dei più deboli, ma come noi tutti, ogni giorno di più sono costretto a constatare che la realtà tangibile è ben diversa.
Oggi quella che si chiama “sinistra” in Italia e nel mondo fondamentalmente ha due anime: la prima che nella pratica si è arresa all’economia di mercato e ai suoi dogmi, l’altra che si ostina a credere che un altro mondo è possibile.
Nella nostra amata regione, rossa da sempre, può accadere che, per rincorrere il mito odierno dell’efficienza / efficacia / razionalizzazione, si perdano di vista gli ormai solo sbandierati principi che dovrebbero specificamente connotare l’agire di un governo di sinistra, per arrivare infine a danneggiare i più deboli, gli svantaggiati, quelli che non rispondono ai criteri e alle leggi non scritte del dio mercato.
Il bello è che a parole chi ci governa si sciacqua ancora la bocca con quei principi che nella realtà poi sistematicamente disattende.
Sfogliando il Piano Sanitario Regionale 2005/2007, strumento di programmazione che detta le linee guida per la salute in Toscana nei prossimi anni, possiamo leggere al paragrafo 1.2 denominato “Un Piano per il cittadino e per la comunità” le seguenti parole:
“Il diritto del cittadino alla libera scelta è promosso e valorizzato entro le diverse opportunità dell’offerta programmata e appropriata, nell’ambito territoriale di riferimento”.
Bellissimi concetti, non c’è che dire, ma nella pratica, con una scelta come quella di voler chiudere il punto nascite a Volterra, non solo non “promuovono” e non “valorizzano”, ma eliminano completamente “il diritto del cittadino alla libera scelta”, costringendo le donne incinta a mettere a rischio la propria incolumità dovendo necessariamente partorire a quaranta chilometri di distanza, in un contesto diverso dal proprio e senza una precisa continuità di cura.
Le “diverse opportunità dell’offerta programmata e appropriata” citate nel Piano probabilmente si riferiscono alle diverse opportunità che ci offrono di andarcene da una città sempre più penalizzata da scelte scriteriate.
Infine “l’ambito territoriale di riferimento”: forse l’Assessore si è dimenticato che il nostro ambito territoriale di riferimento è vastissimo, anche se scarsamente popolato, che le difficoltà della comunicazione viaria sono un dato di fatto da cui prescindere e inoltre che abbiamo dato già tanto in termini di tagli e razionalizzazioni e che forse adesso è ora di avere qualcosa in cambio.
Stiamo creando due Toscane, una fatta anche di posti e località anonime e senza storia, in cui vivere però è più facile perché si è ormai collegati a tutto e si hanno tutti i servizi e le comodità a disposizione; l’altra, fatta di un passato glorioso e dall’immagine che ci invidiano nel mondo intero, sempre più ad uso e consumo dei turisti e sempre più non vivibile per la popolazione locale, costretta a lottare per non veder insozzare le proprie colline da improbabili discariche, per riuscire a far nascere i propri figli nella loro terra, per poter continuare a mandarli nelle scuole locali, per dar loro la possibilità di farsi un futuro, avere un lavoro e comprarsi una casa nel luogo dove sono vissuti…
E l’elenco purtroppo potrebbe continuare ancora molto a lungo.
E’giunta l’ora di gettare la maschera e dirci quali sono le vostre reali intenzioni sul nostro territorio.
Il suggerimento che posso permettermi di darvi è che il prossimo Piano Regionale inizi più o meno così: “Esistono due categorie di cittadini, di serie A e di serie B, per la prima abbiamo i diritti, per la seconda solo i doveri…

Marco Buselli

Ancora sulla Chiesa di San Quirico






Ancora sulla Chiesa di San Quirico.
Così si intitola la risposta al mio articolo riguardo la "malfatta" ristrutturazione della Chiesa appunto.
Pubblicato sulla Spalletta del 26 Gennaio 2008.
E' bello vedere risposte positive.

Vi lascio il link all'articolo originale

I colori del cuore

Non c’è dubbio. Ha perso l’indifferenza, il disimpegno, l’arroganza dei potenti.
La manifestazione in difesa del diritto alla salute, svoltasi sabato a Volterra, è stata una pagina nuova e bellissima. Mille colori, diverse le bandiere, gente di tutte le età.
Un fiume di persone.
Palloncini colorati, come le storie di vita, diverse tra loro, che popolavano il corteo: associazioni, striscioni, mamme coi bambini, sindacati, lavoratori, partiti, studenti, gente comune stanca di subire continui tagli e soprusi.
Non finiremo mai di dirvi grazie perché il “comitato” vero siete proprio voi. Ci date la forza e l’energia per continuare a portare avanti le nostre rivendicazioni.
E non credete a chi vi dirà che tutto questo non è servito a niente. Che tanto hanno già deciso. Che un migliaio di persone in piazza non cambia il mondo…
Lottiamo per una cosa giusta. E questo ha più forza di qualsiasi altra cosa. Basta crederci…
Qualcuno aspettava questo momento per contarci.
Se fossimo stati “tre gatti” sarebbe stato molto più facile tagliarci alla zitta qualche altro servizio. Ma gli è andata proprio male.
Un grazie enorme infine ad una persona fantastica, che ha reso momento per momento viva e pulsante la manifestazione: Alberto Chiodi, con i suoi slogan, le canzoni e l’ironia, ha risvegliato in tutti noi i colori del cuore.

“L’uomo che sa guardarsi dentro, non vede la forza del leone, vede solo la forza del proprio cuore. Pertanto, quando egli guarda il leone, questo vede l’uomo che lo sta guardando e, osservandosi nel suo sguardo, capisce di essere soltanto un leone. Il leone vede come viene visto, si spaventa e si nasconde”. (proverbio Maya)
A giudicare da come si sono comportati i “leoni locali”, qualcuno ha già iniziato a nascondersi…

Marco Buselli
Comitato per la difesa dell’ospedale

Chiesa di San Quirico

A poca distanza dalle rive del fiume Era, nel piano che collega Molino d’Era a Prato d’Era, si trova l’antica chiesa di San Quirico. Le prime notizie intorno a questo edificio di culto risalgono addirittura al 943, in un documento con il quale il vescovo di Volterra Bosone confermava ad un tale prete Andrea il possesso della chiesa. La chiesetta, dedicata a San Quirico e Giuditta, nel X secolo costituiva il luogo dove veniva riscosso il canone annuo dal ministeriale del vescovo, nel giorno della festa di San Martino. (cfr A.Furiesi, C.Guelfi - Dizionario di Volterra)
Ceduta dal vescovo nel 1034 all’appena costituito monastero di San Giusto, la chiesa riveste per tutto il Medioevo una tappa fondamentale dell’ingresso in città dei nuovi vescovi di Volterra, usanza poi terminata nel 1574 con il vescovo Guido Serguidi. La procedura prevedeva una cerimonia piuttosto complessa oltre che sicuramente suggestiva e carica di contenuti simbolici. Un’accurata descrizione, conservata negli archivi cittadini, riguarda proprio l’investitura del vescovo Serguidi.

“La notte prima il vescovo pernottava presso Villamagna ed il giorno dopo veniva raggiunto, a circa metà del percorso fra Villamagna e Volterra, dai nobili volterrani a cavallo, che lo scortavano alla chiesa di San Quirico. Qui trovavano ad aspettarlo l’abate del monastero di San Giusto con i suoi monaci; disceso il vescovo dalla cavalcatura, veniva dall’abate fatto genuflettere davanti alla croce e poi condotto all’interno, precedendo i monaci che cantavano i salmi. Nella chiesa veniva celebrata una breve messa, a seguito della quale l’abate spogliava il vescovo del suo mantello. Terminata la cerimonia il prelato saliva su di una mula riccamente bardata ed iniziava la processione fino a Volterra, per primi venivano i monaci a due a due preceduti dalla croce, poi il vescovo attorniato dai nobili cavalieri volterrani; giungendo fino alla città nella zona di San Giusto dove era in attesa tutto il popolo di Volterra. Qui veniva accolto dai membri della famiglia Gotti, in base ad un antichissimo privilegio, che gli toglievano il galero, i sandali e gli speroni dorati conducendolo alla chiesa di San Giusto dove veniva celebrata un’altra messa solenne.” (cfr A.Furiesi, C.Guelfi - Dizionario di Volterra)

Fino al 1729 non sappiamo altro. In questo anno sopra al portale di accesso, sormontato da una lunetta, fu costruito un oculo. Anche l’altare e la porta vennero rifatti. All’interno fu collocata una pittura di Forzoni, artista volterrano, raffigurante i santi Quirico e Giuditta. La struttura portante, esempio di romanico ad una sola navata con abside, venne restaurata anche nel 1768 dai monaci di Badia (evento ricordato da una lapide commemorativa). Interdetta nel 1800, diciannove anni dopo risultava nel catasto ridotta a semplice annesso agricolo. Lo stato di abbandono si aggrava nel novecento. La copertura del tetto viene asportata per servire ad altri edifici. Qualche decina di anni fa viene infine effettuato l’ultimo restauro, seguito da veementi critiche perché giudicato inadatto. Siamo al punto. Constatate di persona soffermandovi un attimo quando passerete di là. Accanto alla zona “gioiello” industriale di San Quirico. La copertura del tetto della chiesa è inguardabile, le sabbiature dei muri improbabili. Non so quale fosse esattamente in antico la volumetria dell’edificio ma dubito che la parte aggettante che si nota sulla sinistra sia conforme all’originale o ne rappresenti almeno una parvenza. Ho provato a cancellarla con Photoshop: solo un gioco per stimolare una riflessione critica in merito. Ai veri esperti la parola…
Marco Buselli – SOS Volterra

San Quirico poi..

Ho provato a cancellarla con Photoshop: solo un gioco per stimolare una riflessione critica in merito. Ai veri esperti la parola…

Benvenuto

Ho l'onore di scrivere il primo post nel blog di Marco Buselli.
Marco abita a Volterra da sempre. Negli ultimi anni, visto il continuo "nulla fare" nella sua Città ha deciso di intraprendere un percorso, fatto di articoli e di battaglie contro l'ingiusto e il non fatto.
Strade, scuole, ospedale e cura della Città tutta sono alcune battaglie intraprese da Marco.
In breve tempo Marco si è affermato come punto di riferimento per le persone che, come lui, hanno la volontà e il coraggio di mettersi in prima fila per "fare" ciò che non è stato mai fatto.
Nella situazione politica attuale, dove la destra e la sinistra spesso si fondono insieme per "interessi comuni", dove il cittadino ormai vota il "meno peggio", c'è oltremodo bisogno di giovani intraprendenti come Marco.
Questo blog vuole essere il punto di incontro tra Marco e le persone che la pensano come lui, oltre all'archivio delle sue battaglie. Ogni suo articolo infatti sarà sempre visibile nel blog.
A Marco, mio autorevole cugino, vanno i miei più grandi auguri di un buon lavoro.