Chiesa di San Quirico

A poca distanza dalle rive del fiume Era, nel piano che collega Molino d’Era a Prato d’Era, si trova l’antica chiesa di San Quirico. Le prime notizie intorno a questo edificio di culto risalgono addirittura al 943, in un documento con il quale il vescovo di Volterra Bosone confermava ad un tale prete Andrea il possesso della chiesa. La chiesetta, dedicata a San Quirico e Giuditta, nel X secolo costituiva il luogo dove veniva riscosso il canone annuo dal ministeriale del vescovo, nel giorno della festa di San Martino. (cfr A.Furiesi, C.Guelfi - Dizionario di Volterra)
Ceduta dal vescovo nel 1034 all’appena costituito monastero di San Giusto, la chiesa riveste per tutto il Medioevo una tappa fondamentale dell’ingresso in città dei nuovi vescovi di Volterra, usanza poi terminata nel 1574 con il vescovo Guido Serguidi. La procedura prevedeva una cerimonia piuttosto complessa oltre che sicuramente suggestiva e carica di contenuti simbolici. Un’accurata descrizione, conservata negli archivi cittadini, riguarda proprio l’investitura del vescovo Serguidi.

“La notte prima il vescovo pernottava presso Villamagna ed il giorno dopo veniva raggiunto, a circa metà del percorso fra Villamagna e Volterra, dai nobili volterrani a cavallo, che lo scortavano alla chiesa di San Quirico. Qui trovavano ad aspettarlo l’abate del monastero di San Giusto con i suoi monaci; disceso il vescovo dalla cavalcatura, veniva dall’abate fatto genuflettere davanti alla croce e poi condotto all’interno, precedendo i monaci che cantavano i salmi. Nella chiesa veniva celebrata una breve messa, a seguito della quale l’abate spogliava il vescovo del suo mantello. Terminata la cerimonia il prelato saliva su di una mula riccamente bardata ed iniziava la processione fino a Volterra, per primi venivano i monaci a due a due preceduti dalla croce, poi il vescovo attorniato dai nobili cavalieri volterrani; giungendo fino alla città nella zona di San Giusto dove era in attesa tutto il popolo di Volterra. Qui veniva accolto dai membri della famiglia Gotti, in base ad un antichissimo privilegio, che gli toglievano il galero, i sandali e gli speroni dorati conducendolo alla chiesa di San Giusto dove veniva celebrata un’altra messa solenne.” (cfr A.Furiesi, C.Guelfi - Dizionario di Volterra)

Fino al 1729 non sappiamo altro. In questo anno sopra al portale di accesso, sormontato da una lunetta, fu costruito un oculo. Anche l’altare e la porta vennero rifatti. All’interno fu collocata una pittura di Forzoni, artista volterrano, raffigurante i santi Quirico e Giuditta. La struttura portante, esempio di romanico ad una sola navata con abside, venne restaurata anche nel 1768 dai monaci di Badia (evento ricordato da una lapide commemorativa). Interdetta nel 1800, diciannove anni dopo risultava nel catasto ridotta a semplice annesso agricolo. Lo stato di abbandono si aggrava nel novecento. La copertura del tetto viene asportata per servire ad altri edifici. Qualche decina di anni fa viene infine effettuato l’ultimo restauro, seguito da veementi critiche perché giudicato inadatto. Siamo al punto. Constatate di persona soffermandovi un attimo quando passerete di là. Accanto alla zona “gioiello” industriale di San Quirico. La copertura del tetto della chiesa è inguardabile, le sabbiature dei muri improbabili. Non so quale fosse esattamente in antico la volumetria dell’edificio ma dubito che la parte aggettante che si nota sulla sinistra sia conforme all’originale o ne rappresenti almeno una parvenza. Ho provato a cancellarla con Photoshop: solo un gioco per stimolare una riflessione critica in merito. Ai veri esperti la parola…
Marco Buselli – SOS Volterra